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Soprattutto da quando sono stati registrati i primi casi (purtroppo anche mortali) nel nostro Paese è diventato il trending topic per eccellenza: tutti ormai parlano del famigerato Coronavirus, arrivato dalla Cina e che spaventa il mondo nel suo insieme.
E uno degli aspetti più delicati per contenere l’emergenza riguarda proprio la scuola: andiamo dunque ad analizzare i principali dubbi che potrebbe incontrare sia chi in tale ambito lavora (insegnanti ed ATA, in primis) sia chi ne fruisce (gli studenti e le rispettive famiglie).
Scuole chiuse: l’a.s. 2019-2020 sarà comunque valido?
Sono in continuo aumento i comuni che hanno dato indicazione di limitare la vita sociale, imponendo dunque uno stop forzato alle lezioni di tutte le scuole pubbliche e private presenti nel territorio (a partire dalle zone indicate come “focolai” del contagio).
Il punto nodale è che se le circostanze obbligassero a prolungare la chiusura degli istituti scolastici potrebbero alla fine mancare i giorni di effettiva frequenza da parte degli studenti (ogni anno, infatti, i giorni di lezione devono essere almeno 200): la soluzione più probabile sarà, in quel caso, che il ministro dell’Istruzione – in via del tutto eccezionale – dichiari comunque valido l’a.s 2019-2020.
Anche per quanto riguarda la maturità sarà necessaria una ordinanza del ministero: la prima criticità è prevista ad inizio marzo, quando i ragazzi di quinta superiore si troveranno ad affrontare le prove Invalsi (che, ricordiamo, sono obbligatorie per sostenere l’esame di stato).
Lezioni via Skype?
In Cina lo stanno già sperimentando, ma bisogna capire se da noi esistono le condizioni per predisporre un simile apparato: le lezioni potrebbero eventualmente essere tenute “a distanza” utilizzando gli strumenti informatici e la Rete.
E’ una strada ad oggi realisticamente percorribile?
Il contratto di lavoro non viene interrotto
E come si deve comportare, infine, chi a scuola ci lavora? Insegnanti ed ATA in queste ore stanno sentendo le voci più disparate: da chi suggerisce di chiedere un congedo a chi pensa di dover prendere malattia, ma nessuna di tali ipotesi è corretta.
A seguito delle varie disposizioni (arrivino esse dai comuni, dalle regioni o dallo stesso governo centrale) tutto il personale scolastico non deve recarsi a scuola per le cosiddette “cause di forza maggiore”: le scuole sono chiuse, insomma, e le assenze sono del tutto legittime (non vanno dunque giustificate e non comportano alcuna decurtazione economica).
Il riferimento normativo risiede nel Codice Civile (art. 1256), il quale afferma che se la causa della mancata prestazione non è imputabile al dipendente questi non ha alcuna responsabilità: in parole povere, i giorni di chiusura debbono essere considerati alla stregua di quelli in cui il servizio è stato prestato.
SENEX
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