Se potessimo trovare nella vicenda una sfumatura divertente lo faremmo subito, ma quello che ci colpisce di più leggendo la ricerca redatta da due importanti studiosi della Banca d’Italia (i professori Guglielmo Barone e Sauro Mocetti) è l’avvilente conferma di un sospetto che sottolineiamo spesso nei nostri ragionamenti: la ricchezza è appannaggio di pochi, e le possibilità di elevarsi socialmente sono davvero irrisorie. Così come, e questo ci preme maggiormente, quelle di sfuggire alla miseria. firenze

Firenze: un caso emblematico

I due economisti partono dall’analisi della situazione socio-economica di Firenze nel 1427: in quell’anno – siamo alla vigilia della presa di potere da parte della celebre famiglia dei Medici – viene infatti inaugurato il catasto.

La Signoria ha necessità di rimpinguare le proprie casse e censisce le proprietà al fine di tassare in base alla ricchezza di ciascuno: un pensiero illuminatissimo per i tempi che (infatti) è passato alla storia come uno dei primi esperimenti dettati da una certa equità – e, azzardiamo, moralità – fiscale. Documento di grande importanza anche storica insomma, dato che in esso risultano elencati i redditi e le occupazioni delle famiglie residenti a Firenze in pieno periodo Umanista.

firenze

Il lavoro di Barone e Mocetti passa poi ad analizzare la situazione reddituale fotografata dal fisco italiano nel 2011: sono trascorsi 584 anni e si sono avvicendate circa 25 generazioni; la popolazione si è decuplicata e il reddito medio è aumentato di dodici volte, ma vagliando i dati i due studiosi si sono accorti di una verità al tempo stesso affascinante e mortificante: coloro che erano ricchi nel 1427, quelli che si trovavano ai vertici della scala sociale sei secoli fa (!), lo sono ancora oggi.

Come a dire: esiste un vero e proprio “pavimento di cristallo”, invisibile ma che impedisce quella naturale osmosi fra ceti basata sulle capacità dei singoli.

firenze

La mobilità sociale è un’utopia?

La ricchezza si è insomma tramandata senza particolari scossoni all’interno di alcune famiglie: questo principio va a contraddire completamente l’assunto economico (moderno) secondo il quale è probabile che un patrimonio si ridimensioni in maniera significativa nell’arco di due o tre generazioni al massimo.

Nella ricerca – badate bene – si parla di “corporazioni”, ma poco cambia: nel corso del tempo, coloro che erano mercanti di scarpe, lana o seta sono diventati avvocati, notai, farmacisti, banchieri; in ogni caso, quindi, hanno conservato la propria (elevata) posizione sociale. E la ricchezza connessa.

ricchezza

Barone e Mocetti concludono il proprio studio parlando di due concetti, “persistenza” e “mobilità”, e affermando che la prima vince (sempre) a discapito della seconda. “L’elasticità intergenerazionale”, concludono, “è molto bassa, e il sistema risulta inefficiente”.

E, come spesso accade, ingiusto, sottolineiamo noi di AlternativaMente. Niente di nuovo sotto al sole.

Per chi lo desiderasse è possibile scaricare lo studio originale (formato PDF, in inglese) dal sito della Banca d’Italia.

PENNY

© AlternativaMente – Riproduzione riservata


AlternativaMente Post List

I ricchi fiorentini di oggi provengono dalle famiglie che si trovavano ai vertici della scala sociale di Firenze già nel 1427: la mobilità è un’utopia?