La Storia ne è testimone: il ricco ha spesso umiliato e vessato il meno abbiente, utilizzando ogni mezzo – lecito e non – per conservare gelosamente i propri privilegi. pornografia pornografia pornografia
Anche l’aristocrazia dell’Ancient Règime disprezzava i poveri, ma prima che il ‘700 finisse i contadini assaltarono i castelli mettendoli a ferro e fuoco, distruggendo così un sistema sociale vecchio di secoli: era il 1789, era la Rivoluzione Francese.
Da quel momento – passando attraverso la nascita del pensiero socialista, due guerre mondiali e tante altre vicissitudini – fino al 1989 (anno in cui si è disintegrato il cosiddetto “blocco comunista”), le èlite hanno sempre portato dentro di sè quella che alcuni definiscono come “una sana paura delle masse”.
Mossi da tale consapevolezza, fino a qualche decennio fa i ricchi dimostravano l’intelligenza di voler evitare l’attenzione su di sé e il lusso era custodito gelosamente (celebre è il concetto secondo cui “più uno è ricco più si comporta da povero”): il timore di suscitare risentimento in “chi non aveva” era capace di rendere “discreti”, ma con il crollo dell’Unione Sovietica e la diffusione del capitalismo globale molti hanno perso tale predisposizione.
Oggi i ricchi (secondo stime recenti l’1% della popolazione possiede circa il 50% del patrimonio finanziario mondiale) ostentano nel senso più “volgare” del termine il proprio benessere, e disprezzano tutti gli altri etichettandoli come “perdenti” (sebbene siano consapevoli che senza i “poveri” collasserebbe l’intero sistema, e loro ne avrebbero solo svantaggi).
La pornicizzazione del privato
La Rete, è cosa nota, stimola voyeurismo ed esibizionismo: Internet è uno strumento che permette a chiunque di mostrarsi. Sui social media si assiste ogni giorno ad una sorta di delirio autoerotico, e la pornografia non è più questione di contenuti ma è una vera e propria logica culturale: siamo insomma diventati tutti spettatori/attori che guardano e si fanno guardare. Questo è ciò che abbiamo imparato a definire come “pornificazione (o pornicizzazione) del mainstream”, ossia la scriteriata esibizione del “privato”.
La ricchezza ovviamente non sta in disparte, anzi, gioca un ruolo di primo piano in questo processo: oggi i ricchi sono seguiti (e verosimilmente idolatrati / invidiati / disprezzati) da milioni di followers.
Sui social compaiono i “Rich Kids” (ma non solo)
Quelli che un tempo si era soliti definire “figli di papà” emergono dunque, prepotentemente, attraverso i “social”, raccontando di sè e delle proprie vite dissolute. pornografia pornografia
I primi profili dei “Rich Kids” nascono di recente (l’anno è il 2012): la ricchezza è ormai globalizzata, e questa gioventù non ha una precisa provenienza geografica. Dalla Russia alla Cina, dal Medioriente all’America Latina, ovunque impazzano questi rampolli che passano le proprie giornate a sperperare il denaro generosamente (o stoltamente?) lasciato loro da genitori così distratti nell’accumulare ricchezze d’avere – in ultimo – abdicato alla responsabilità di dare un’adeguata educazione alla prole.
Questa vita fatta di piscine, supercar, champagne ed elicotteri – che agli occhi di una persona dotata di un po’ di criterio non può che sembrare, quantomeno, “superficiale” – rappresenta un vero e proprio schiaffo alla miseria e alla sofferenza, che per molti non sono assolutamente una colpa ma una condizione legata al caso (nessuno infatti decide dove nascere): secondo l’UNDP, quasi un miliardo e mezzo di persone vive oggigiorno in estrema povertà, subendo privazioni che coinvolgono salute, istruzione, condizioni e qualità della vita.
Dai “fuerdai” cinesi che bruciano banconote ai giovani ricchi moscoviti (ciascuno col proprio arsenale di kalashnikov e bombe a mano), dai figli dei narcotrafficanti messicani ai rich kids arabi (che, spesso, assuefatti ai petroldollari sbadatamente “dimenticano” i propri precetti religiosi) ogni elemento rimanda al kitsch, al trash e al pacchiano: nelle loro vite si fatica a trovare qualcosa che non sia una totale mancanza di valori, se non quelli che afferiscono al “Dio denaro”.
La speranza che tali comportamenti nascano dall’immaturità giovanile viene subito stroncata dalle “testimonianze” di molti “rich ma non più kids”: si pensi ai vari Dan Bilzerian, Trevor Beynon e l’italicissimo Gianluca Vacchi. Insomma, in molti casi il lusso dà alla testa e l’età non porta consiglio. A qualsiasi latitudine.
A parte Vacchi l’Italia è un paese “virtuoso”, vero? No… c’è “Riccanza” su MTV!
Anche l’Italia non è esente dal fenomeno che stiamo trattando: da qualche tempo va infatti in onda su MTV Italia un nuovo programma intitolato “Riccanza”: tralasciando la bontà del neologismo, l’idea che sta alla base del prodotto è il mettere in vetrina – ostentare insomma – il benessere estremo dei “rich kids” nostrani.
Nelle ultime settimane in Rete si è scatenato un intenso dibattito sull’opportunità di proporre format del genere in un momento in cui la maggior parte dello Stivale vive un marcato disagio socio-economico: sebbene non peggiori dei propri alter-ego d’oltrefrontiera, anche sui protagonisti di “Riccanza” il nostro giudizio non può che essere, dunque, negativo e tranchant.
Così come su MTV, che anziché stigmatizzare l’assurdità di tali situazioni le propone alla stregua di esempi, di traguardi cui aspirare (probabilmente l’audience ha un’importanza che travalica ogni altra considerazione): da anni su questa emittente ci vengono infatti mostrate le Teen Cribs, dimore faraoniche nel paese in cui la crisi dei subprime ha lasciato in mezzo alla strada un numero imprecisato – ma molto alto – di famiglie (senza dimenticare il nuovo “gioiellino” del canale made in USA, il cui titolo – “Rich Kids Of Social Media” – non lascia spazio a fraintendimenti).
Che direzione ha preso il mondo?
Il progetto Capethicalism nasce in primis per sollecitare una riflessione sulla miseria di una società assuefatta al denaro e agli sprechi: la volontà di raccontare il mondo sotto una luce critica scaturisce infatti da un profondo disagio nel verificare che spesso la ricchezza si accompagna ad un vuoto emotivo che pervade gesti, contenuti e modi.
E’ come se il sistema di valori emerso dalle ceneri e dalle sofferenze della seconda guerra mondiale (ma anche da tutte quelle combattute successivamente) si stesse disintegrando: in un contesto nel quale la forbice tra chi ha e chi non ha è in continuo aumento, l’agiatezza di pochi viene letteralmente sbattuta in faccia a tutti gli altri senza alcun rimorso.
E come non pensare a tutti quelli che, magari perché troppo giovani o fragili, si faranno stregare dal racconto, inseguendo vanamente tale chimera per tutta la vita? Probabilmente molti – che siano followers o semplici spettatori inconsapevoli – persisteranno in una miseria (non solo economica ma anche morale) ingigantita dal confronto: con un basso continuo di insoddisfazione, con una conclusione infelice e già scritta.
La ricchezza a nostro avviso è un dono e non può essere sprecato: deve veicolare la bellezza (quella vera, quella dell’Arte), il progresso scientifico e un’esistenza dignitosa per ciascun essere umano. Deve essere accompagnata dalla cultura e dall’intelligenza, ma ad oggi ci sembra che non sia assolutamente così. Gli altri discorsi non hanno senso e, anzi, non possono che fomentare un disagio difficile – alla lunga – da tenere sotto controllo: i germi sono già davanti ai nostri occhi.
“Angry Mob” (Photo of Hans Splinter via Flickr)
Speriamo solo che la Storia non abbia bisogno di nuovi forconi per ripristinare coscienze ed equilibri.
PENNY
© AlternativaMente – Riproduzione riservata