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Referendum Costituzionale: tutto quello che c’è da sapere sul voto

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Referendum

Nell’ultimo periodo ci è capitato spesso di essere interpellati riguardo l’imminente Referendum Costituzionale del 4 dicembre: la scelta di schierarsi a favore o contro al quesito appare in ciascuno piuttosto netta, quasi a voler rimarcare il proprio appoggio (o meno) all’attuale governo.

Il punto su cui vogliamo soffermarci però, entra nel merito della questione stessa: perchè siamo chiamati a votare? Cercheremo di spiegarvelo in maniera semplice e veloce.

Un referendum senza “Quorum”

Per prima occorre chiarire che il Referendum in oggetto è senza “Quorum”: a differenza di molte altre consultazioni precedenti, nelle quali il risultato è stato spesso invalidato dal mancato raggiungimento della soglia di votanti (il cosiddetto “50% più 1”), questa volta sarà sufficiente conoscere l’opinione di chi alle urne si è recato, pur se fosse solo una piccola parte degli aventi diritto.

Per cosa si vota?

Il quesito è molto semplice: ci verrà chiesto se vogliamo confermare o respingere la riforma conosciuta come “Renzi-Boschi”, contenuta nella legge costituzionale del 12 aprile 2016 e che concerne le «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione».

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Il Parlamento l’ha già approvata, ma non avendo ottenuto l’ok da almeno 2/3 dei propri componenti non è stata subito promulgata (secondo quanto prescritto dalla Costituzione, articolo 138).

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Siamo d’accordo o no? Siccome tale legge modificherà in maniera netta il funzionamento dello Stato, è importante capire – punto per punto – che cosa significa ciascuna delle domande su cui verte.

Superamento del bicameralismo paritario

Il cosiddetto “Bicameralismo perfetto”, secondo il quale Camera e Senato hanno le stesse competenze, è una peculiarità nostrana difficilmente rintracciabile in altri paesi. Oggi la situazione è questa, ma se dovesse entrare in vigore la riforma al Senato sarebbe tolto il potere di promulgare le leggi; non sarebbe più neppure chiamato a dare la fiducia al governo, perchè tali incombenze resterebbero alla sola Camera dei Deputati (si eliminerebbe la celebre “navetta”, ossia la spola che le leggi fanno da una camera all’altra durante il proprio iter).

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Parlamento italiano in seduta comune (da Wikimedia, su gentile concessione della “Presidenza della Repubblica”)

La questione è spinosa, perchè secondo i detrattori si rischia addirittura una “svolta autoritaria”: la riforma “Renzi-Boschi” infatti si muove a braccetto con la nuova legge elettorale, chiamata “Italicum”, la quale prevede di assegnare il cosiddetto “premio di maggioranza” a quelle forze politiche che dovessero vincere il ballottaggio, e dunque ci si potrebbe ritrovare con un governo che è stato scelto, percentualmente, solo da una piccola parte dell’elettorato.

La riduzione dei senatori

Il nuovo Senato dovrebbe avere solo 100 membri: 74 consiglieri regionali, 21 sindaci (non si sa ancora come sarebbero scelti, probabilmente in occasione delle elezioni regionali) e 5 scelti dal Presidente della Repubblica. La diminuzione dei senatori è uno degli slogan più battuti dai sostenitori del SI, perchè il Paese da tempo chiede la riduzione delle “poltrone” e degli sprechi: sembra infatti plausibile aspettarsi che perdano la propria indennità (lo stipendio, in parole povere), ma non verrà in alcun modo toccata la tanto detestata “immunità parlamentare”.

Contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni e soppressione del CNEL

Altro proclama che sentiamo spesso sulla bocca dei fautori al cambiamento è che con la Riforma si “eviteranno sprechi e i costi della politica saranno abbattuti”: in verità, secondo diversi autorevoli esperti un eventuale cambiamento non inciderà più di tanto sulle casse dello Stato (si parla di percentuali irrisorie).

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Quel che è probabile aspettarsi è che vengano finalmente (ce lo sentiamo promettere da lungo tempo) abolite le Province; stessa sorte toccherà al meno famoso CNEL (acronimo di “Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro”), organo consultivo del Governo, delle Camere e delle Regioni nato nel 1957 e che ha possibilità di legiferare in ambito economico e sociale.

Revisione del titolo V della Costituzione

La Riforma, in ultimo, prevede di limitare fortemente le competenze delle Regioni, chiarendo una volta per tutte il ruolo di Roma (lo Stato Centrale) rispetto alle molteplici autonomie locali. Il timore è che i contenziosi cui abbiamo assistito negli ultimi 15 anni possano aumentare anzichè diventare un ricordo.

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Come si schierano i vari partiti?

A conferma che tale consultazione possa realmente essere fondamentale per la tenuta della maggioranza e dello stesso Parlamento, i vari schieramenti politici e le principali rappresentanze nazionali hanno manifestato la propria posizione, dividendosi fra favorevoli e contrari (sostenitori rispettivamente del SI e del NO).

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Perchè si deve votare

Ci preme infine sollecitare ciascuno a recarsi alle urne: il diritto di voto è anche un dovere, soprattutto nei momenti in cui il Paese sembra piuttosto scollato e deluso. Confidiamo di avervi in qualche modo chiarito le idee, perchè a volte l’impressione è proprio quella che chi “comanda” voglia farci disamorare della politica, così da poter decidere senza renderne conto ai cittadini.

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    Nel Referendum Costituzionale del 4 dicembre ci verrà chiesto se vogliamo confermare o respingere la riforma conosciuta come “Renzi-Boschi”.
    1. Pietro

      Semplice, lineare. Molto interessante.

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