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Contributo Scolastico Volontario 2024-2025

La questione va chiarita subito: il contributo scolastico è volontario, non obbligatorio. Lo ha ribadito anche il Ministero (circolare n. 312 del 20 marzo 2012 e circolare n. 18902 del 7 novembre 2018) a seguito delle segnalazioni riguardanti pratiche non particolarmente trasparenti attuate da numerosi istituti scolastici, che richiedono il versamento alla stregua di una conditio sine qua l’iscrizione dell’alunno non ha validità alcuna. Il problema è che le scuole – ormai sempre più a corto di fondi – si trovano spesso costrette a chiedere alle famiglie denaro che verrà poi utilizzato per garantire quelle che potremmo definire “funzioni di base”.

A che serve (realmente) il contributo scolastico

In realtà il contributo scolastico dovrebbe essere utizzato con il solo scopo di favorire l’innovazione tecnologica e l’ampliamento dell’offerta formativa (garantendo al tempo stesso il mantenimento in buono stato dell’edilizia scolastica) secondo quanto stabilito dal DL Bersani 40/2007.

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Tale contributo – deliberato dal Consiglio di Istituto e richiesto al momento dell’iscrizione – è dunque un versamento che comprende una quota utile a coprire i costi sostenuti per l’assicurazione obbligatoria, le pagelle, i libretti delle assenze o l’utilizzo dei laboratori: tutte le altre voci, specificate o meno (questo è il caso più frequente), sono da considerarsi richieste fuori luogo, perché questi fondi non possono essere utilizzati per il funzionamento ordinario delle scuole.

La gratuità dell’istruzione

In forza dei principi di obbligatorietà e di gratuità sanciti dalla Costituzione (art. 34), non è lecito imporre contributi obbligatori per l’espletamento di attività curriculari o legate all’assolvimento dell’obbligo scolastico (quali ad esempio fotocopie e materiale didattico).

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La Finanziaria 2007 (Legge 296/2006) ha poi previsto di innalzare l’obbligo scolastico fino ai 16 anni, e per tale ragione la scuola dev’essere gratuita almeno per i primi anni di istruzione superiore: il comma 622 recita testualmente che “resta fermo il regime di gratuità ai sensi degli articoli 28, comma 1, e 30, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226” e, pertanto, “non è consentito imporre tasse o richiedere contributi obbligatori alle famiglie di qualsiasi genere o natura per l’espletamento delle attività curriculari o connesse all’assolvimento dell’obbligo scolastico (…). Eventuali contributi per l’arricchimento dell’offerta culturale e formativa degli alunni possono dunque essere versati solo ed esclusivamente su base volontaria”.

Il Testo Unico (DLgs 297/1994, art. 200 Tasse scolastiche e casi di dispensa) è da considerarsi il solo riferimento valido per quanto concerne la tassazione scolastica: in virtù di ciò, il pagamento delle tasse erariali rappresenta l’unica condizione indispensabile affinchè l’iscrizione di un alunno che abbia più di 16 anni possa considerarsi valida; le scuole non possono quindi obbligare nessuno al pagamento, né ricattare una famiglia minacciando – per esempio – di non far iscrivere un figlio o una figlia.

Tasse scolastiche erariali

Chi ha adempiuto all’obbligo scolastico è tenuto invece a pagare le cosiddette tasse scolastiche secondo quanto stabilito dall’art. 200 del DLgs 297/1994:

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Per quanto concerne il nuovo anno scolastico, nel decreto inviato dal MIUR alla conferenza Stato-Regioni si stabilisce una nuova soglia per l’esonero dal pagamento delle tasse scolastiche: al fine di usufruirne, gli studenti del quarto e del quinto anno della secondaria di secondo grado dovranno possedere un ISEE pari o inferiore a 20.000€.

Sul sito istruzione.it si può leggere un approfondimento a riguardo (clicca qui per il link diretto).

Che cos’è il contributo volontario? Come riconoscerlo?

Eventuali contributi altri (utili all’arricchimento dell’offerta formativa) possono pertanto essere versati dalle famiglie ma solo ed esclusivamente in maniera volontaria: tali contributi si distinguono dalle succitate tasse erariali poichè vengono pagati direttamente all’Istituto tramite bollettino postale (intestato all’Istituto stesso e non all’Agenzia delle Entrate).

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Che responsabilità comporta decidere di non pagare?

Partendo dalla considerazione che, se si hanno le possibilità, sia opportuno sostenere la sopravvivenza della scuola, non si può negare che l’endemica necessità di risorse sia probabilmente frutto di una gestione passata (e presente?) quantomeno discutibile da parte della Pubblica Amministrazione.

In principio, comunque, come abbiamo visto ci si può sottrarre dal pagamento senza venire meno alla legge: le scuole non possiedono l’autonomia di imporre tasse e contributi (questa opzione è riservata in via esclusiva allo Stato), e non possono pertanto obbligare nessuno a pagare alcuna somma (o rifiutare un’iscrizione a seguito del mancato pagamento del contributo); ciascun istituto può solo decidere l’importo e come questo verrà usata, ma non cambiarne la natura “volontaria”.

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Che fare se non si vuole pagare?

Se si reputa ingiusta la richiesta della scuola occorre fare presente al DS l’intenzione di pagare il solo rimborso delle spese sostenute dall’istituto mediante raccomandata A/R o PEC (ormai tutte le scuole ne possiedono una, vi consiglio la lettura di un nostro post in cui si spiega come rintracciarla senza difficoltà), magari anche citando i riferimenti normativi elencati in precedenza e distinguendo le voci che si ha il dovere di risarcire da quelle relative al versamento volontario.

Ecco dunque il modello WORD da compilare e inoltrare qualora si decidesse di segnalare la propria intenzione di non pagare.

Se infine il Dirigente Scolastico opponesse resistenza è possibile segnalare tale comportamento all’Ufficio scolastico regionale di competenza.

SENEX

© Senex 2017 – Riproduzione riservata


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    Il contributo scolastico è volontario, non obbligatorio: vediamo assieme quando si deve pagare e quando invece non si è tenuti a farlo.
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