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L’articolo 58 della Legge di Bilancio 2019 – identificato col titolo “Revisione del sistema di reclutamento dei docenti nella scuola secondaria e titolarità di tutti i docenti sulla singola scuola” – sembra poter dare il colpo di grazia alla tanto vituperata “Buona Scuola” voluta dal governo Renzi (Legge 107/2015 e Decreto 59/2017). reclutamento insegnanti
Con la sua approvazione il FIT (acronimo per “Formazione iniziale e tirocinio”) cesserà infatti di esistere e verrà sostituito da un “Percorso annuale di formazione iniziale e prova”: chi desidera il cosiddetto “ruolo” nella scuola pubblica italiana dovrà dunque sostenere un concorso molto simile a quelli che sono stati banditi fino ad oggi.
Requisiti, prove e tempistiche
Requisito indispensabile per potersi stabilizzare sarà il possesso della laurea magistrale o a ciclo unico (oppure il diploma di II livello dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica), accompagnata dall’abilitazione o dai celeberrimi 24 Crediti Formativi Universitari in discipline antropo – psico – pedagogiche e in metodologie didattiche: indetto su base regionale e interregionale si concluderà con un solo anno di prova (ripetibile).
Ogni candidato potrà concorrere in un’unica CdC per grado di istruzione (Secondaria di I e II grado) e gli step previsti saranno tre: un primo esame scritto sulla materia d’insegnamento, un secondo a carattere pedagogico e un esame orale che verificherà anche le competenze informatiche e di lingua straniera (è richiesto almeno il livello B2).
Coloro che parteciperanno per il sostegno dovranno affrontare una prova (scritta e orale) sulla pedagogia speciale e sulla didattica per l’inclusione.
Il concorso verrà bandito ogni due anni sui posti che si prevedono disponibili: non vi saranno idonei ma solo vincitori (in accordo al numero di posti messi a bando) e le graduatorie avranno dunque validità per un biennio.
Criticità (e critiche)
Sebbene la normativa spazzi via una riforma che è sempre stata indigesta ai diversi attori coinvolti, non tutto è oro quello che luccica: esistono infatti alcune criticità che stanno facendo crescere il malcontento.
Per prima cosa bisogna annotare l’abolizione del concorso riservato ai docenti con tre anni di servizio, ai quali sarà riservato il 10% dei posti banditi: una quota che più parti reputano insufficiente, e che soprattutto disattende le aspettative di numerosissimi precari storici (unica consolazione il fatto che potranno partecipare anche senza aver conseguito i 24 CFU).
Inoltro è previsto un vincolo di 5 anni nella scuola di assunzione, che secondo alcune sigle sindacali è una misura fortemente coercitiva perché blocca la mobilità e mette in seria difficoltà migliaia di famiglie.
Ci sarà mai una soluzione?
Il rapporto fra politica e scuola sembra ormai ciclicamente destinato a creare forti attriti: molteplici voci di dissenso pensano che la nuova legge non risolverà gli annosi problemi legati all’Istruzione Pubblica, ma piuttosto comporterà il “rischio” di affidare le sorti della formazione a docenti neolaureati non sempre pronti ad una così grande responsabilità.
E tutto ciò nonostante anche quest’anno nella sola scuola secondaria ci siano circa 32mila cattedre scoperte e manchino oltre 40mila specializzati sul sostegno: a tale problema – come d’abitudine – si rimedierà ricorrendo ad un vero e proprio esercito di precari, i quali garantiranno che il “carrozzone” possa arrivare indenne alla fine delle lezioni.
SENEX
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