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Sono ormai diversi anni che Facebook periodicamente effettua controlli a campione sui propri iscritti per scovare i cosiddetti «fake account», ma nell’ultimo periodo le segnalazioni si sono moltiplicate: non è difficile reperire nei forum persone che si lamentano di non riuscire più ad accedere al proprio profilo.
Il celebre social presenta tale “battaglia” come l’unica possibilità per preservare la propria credibilità: sembra infatti siano numerosissimi gli account fasulli che non corrispondono a persone reali (secondo alcune stime recenti la percentuale si aggira attorno al 15% del totale).
Il profilo bloccato
La situazione che si presenta ai “malcapitati” è semplice: può succedere che, durante un qualunque accesso, anziché ritrovarsi nella propria homepage ci si imbatta in un messaggio che informa riguardo la necessità di comunicare la propria data di nascita (nel migliore dei casi), riconoscere le foto dei propri amici (altra eventualità “tranquilla”) o di trasmettere un documento personale corredato da fotografia.
L’ultima ipotesi, che sembra essere la più frequente, è quella che mette in maggiore difficoltà gli utenti del più importante social network al mondo.
Non solo carte di identità, ma anche bollette, estratti conto, carte di credito, badge o qualsiasi altro documento in grado di provare chi sia realmente la tal persona.
Sempre più spesso succede poi che ad un account aperto tramite email si chieda di “accompagnare” un numero di cellulare: anche qui la prassi risulta poco simpatica, perchè con o senza Whatsapp (del problema inerente la privacy avevamo già ragionato in un precedente articolo) il nostro apparecchio mobile può fornire un numero impressionante di informazioni.
La pena nel caso non si “obbedisca” consiste nella disattivazione dell’account a tempo indeterminato.
La polemica sulla privacy
Il dibattito in Internet è acceso: numerosissimi sono gli utenti – magari non tutti particolarmente esperti di diritto – che si lamentano del trattamento ricevuto. Secondo molti il comportamento del social è al limite del lecito: nella maggior parte delle situazioni infatti, gli account fake sono usati senza alcuna intenzione criminale (stalking, terrorismo etc).
Ci si interroga infatti su che fine facciano i dati raccolti e, soprattutto, se è lecito che l’azienda di Mark Zuckerberg si comporti come un ente statale (o come un qualunque altro soggetto autorizzato ad effettuare verifiche sull’identità degli individui). Il tutto senza alcuna garanzia riguardo al rispetto della privacy: non vi è, infatti, traccia di alcuna informativa sul trattamento dei dati, nè vengono indicati il responsabile del trattamento o le modalità con cui saranno poi trattati (e conservati?) tali documenti.
Questa “crociata” agli occhi di molti appare dunque come la più massiccia raccolta di dati mai effettuata nella storia.
L’Europa che fa?
L’unica autorità che ha preso posizione rispetto al problema è il Commissario per la protezione dei dati personali tedesco, Johannes Caspar, che ha emesso un’ordinanza contro Facebook per aver violato la legge federale su carte d’identità e identificazione elettronica, vietando ogni richiesta di documenti di identità per scopi di identificazione.
Caspar ha affermato che tale comportamente dimostra ancora una volta “come il provider rafforzi prepotentemente, ogni giorno, la propria politica nei confronti dei propri utenti e dei relativi dati personali senza alcun rispetto per le disposizioni legislative nazionali”.
Emerge insomma preportentemente il problema della competenza territoriale: secondo la Germania Facebook dovrebbe infatti applicare le leggi dello Stato in cui risiede l’utente, e non quelle americana o irlandese a piacimento.
Come comportarsi se l’account viene bloccato
In attesa che la giurisprudenza – almeno quella italiana – prenda una posizione netta e univoca, il suggerimento che ci sentiamo di dare è quello di non inoltrare documenti personali: Facebook non fornisce infatti alcuna garanzia sull’utilizzo dei dati, e anche a detta di molti esperti di diritto è inopportuno cedere informazioni riservate.
La cosa migliore da fare è attendere: capita infatti che dopo qualche giorno la richiesta venga modificata, non richiedendo più l’invio del documento personale bensì la sola data di nascita. Una richiesta molto più “semplice” da esaudire e che creerà di certo meno grattacapi.
SENEX
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